Marketing Intelligence

Il processo informativo di Intelligence a supporto delle ricerche di marketing, applicato principalmente per conoscere la composizione e le dinamiche di un particolare mercato ed il livello di competitività delle società leader

Wednesday, June 20, 2007

La "lentezza" del marketing - 2


Il marketing di controtendenza: dopo tanti anni di real-time, in cui si proclamava il messaggio di una società proiettata alla piena connettività ed interattività, può far riflettere e discutere l'idea di un marketing "lento", volto al recupero di momenti di riflessione e pronto a lasciare più liberi i consumatori, mediante un rallentamento dei trend di riferimento ed una minor frenesia dei consumi. Forse si può collegare ad un'etica del marketing e della comunicazione pubblicitaria, o più semplicemente lo slow marketing é una corretta assunzione di buon senso, quasi a contrasto dell'economia di massa e del conseguente nichilismo.

L'immagine pubblicata (http://desertpastor.typepad.com/paradoxology/Slow%205.jpg) nel post é stata estratta dalla pagina web del blog marketing-usabile

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Tuesday, June 19, 2007

La "lentezza" del marketing

Ho letto ieri un interessante articolo del Prof. Fabris, pubblicato sull'inserto Affari e Finanza del quotidiano La Repubblica, dal titolo "La nuova frontiera dello ‘slow’ smonta il mito della velocità".

Qualcosa era già avvertito dal comportamento dei consumatori, ormai da anni più propensi al massimo riuso o al maggior consumo di alcuni prodotti. Questo rallentamento potrebbe favorire un certo riassestamento, anche se alcune aziende dovranno sempre ragionare per trovare nuovi mercati di sbocco e non solo per il possibile riposizionamento della propria offerta.

Comunque é piacevole constatare come, dopo tanti paradigmi del marketing, si stia affacciando uno stile più conservativo, meno istantaneo. Chissà se e per quanto si concretizzerà.

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Evento > Strategie competitive di marketing

Si tratta di un seminario che si terrà a Torino, venerdì 13 luglio 2007.

Il seminario affronta le seguenti tematiche:
• analisi delle principali strategie competitive che si possono adottare e dei requisiti che ogni impresa deve sviluppare per avere successo nei mercati internazionali;
• gestione delle principali leve del marketing mix (prodotto, prezzo, promozione, distribuzione) per affrontare i mercati internazionali;
• focus su particolari mercati (es. Cina e India).

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Monday, June 18, 2007

Bio-tecnologie, Nano-tecnologie, ICT: la ricerca italiana non (sempre) si perde tra i ritardi dell'Europa

La ricerca e l'innovazione sono fondamentali per la competitività e rivestono un ruolo vitale per far fronte alle maggiori sfide globali, quali il cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile


Spesso i convegni sull'innovazione aprono e terminano i lavori con una considerazione, o una vera esortazione: l'importanza di "fare sistema". Particolari aree territoriali dovrebbero creare dei network locali capaci di attrarre investimenti ed in grado di coordinare le attività di ricerca e sviluppo delle imprese presenti nel luogo. Questi network potrebbero affermarsi in Italia, in quanto sarebbero un modo ideale per coordinare le piccole e medie imprese, con organizzazioni finalizzate alla condivisione degli strumenti ICT ed allo sviluppo comune.

L'Europa "preme" per la diffusione di questi sistemi di innovazione, mediante il programma RFEC, Regions for Economic Change: l'iniziativa INTERREG dovrebbe permettere la realizzazione del programma comunitario di trasferimento tecnologico e di innovazione. Questa iniziativa si distingue in piani di innovazione basati su una collaborazione transfrontaliera, transnazionale, interregionale.

Quindi esistono dei piani europei per la programmazione dell'innovazione. Infatti «uno degli indicatori più eloquenti della salute e del potenziale di un'economia nazionale è il livello di ricerca e sviluppo (R&S) che essa genera» (Angel Gurría, segretario generale dell'OCSE). Ma la situazione dell'Italia potrebbe presentare situazioni di ostacolo all'innovazione, oltre alla mancanza di una strategia nazionale di indirizzamento delle attività di R&S all'interno di particolari territori. Infatti esistono alcune tecnologie che, pur essendo ormai affermate, faticano a diffondersi e ad essere utilizzate pienamente. Un esempio é rappresentato dalla tecnologia Rfid, implementabile per l'identificazione ed il riconoscimento automatico di particolari prodotti.

Ma l'Italia potrebbe perdere l'opportunità delle nanotecnologie: secondo un recentissimo rapporto della comunità europea, infatti, l'Europa ha perso definitivamente la chance di produrre proprie tecnologie hw e sw nel settore ICT, e potrebbe trovarsi in particolare ritardo anche nella sperimentazione delle nanotecnologie. Secondo il rapporto, in Europa le aziende più avanti nella ricerca si troverebbero in Gran Bretagna ed in Germania.

Forse in Italia l'innovazione tecnologica non interviene pesantemente per aumentare la produttività delle imprese, specialmente delle PMI: ma il quadro non é così desolante, come può dimostrare un importante evento come R2B - Research To Business.

L'auspicio é di vedere i risultati della ricerca pubblica e privata italiana, nei settori delle biotecnologie, delle nanotecnologie, dell'ICT, affermarsi e soprattutto diffondersi nel tessuto produttivo, a vantaggio della celeberrima competitività del Paese.

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Tuesday, June 12, 2007

Le tecnologie per il marketing analitico parlano un pò di italiano

Ho letto casualmente un contributo sviluppato da Emanuele Quintarelli (autore che contribuisce all’interpretazione della cultura e dell’economia della rete) pubblicato su ApogeOnline, in cui si afferma il posizionamento competitivo di “BlogMeter, una piattaforma italiana per il monitoring e l’analisi del live web”.

L’articolo è interessante, e l’intervista a Sacha Monotti, uno dei creatori di BlogMeter, è ben articolata: mi ha fatto piacere sapere di un progetto italiano che si pone nel suo complesso ad un buon livello di innovazione tecnologica ed applicativa.

Nell’articolo viene riportato il seguente pensiero di Sacha Monatti: “i metodi di misurazione tradizionale ancora oggi a disposizione della marketing intelligence e della pubblicità sono inadeguati di fronte a uno scenario nuovo, vivo e ricco come quello dei social media”.

E’ probabilmente vero il ritardo di una buona parte delle agenzie di comunicazione aziendale e della società pubblicitarie nel comprendere e nell’utilizzare adeguatamente le nuove tecnologie dell’informazione: ma l'articolo non mi trova d’accordo quando generalizza la difficoltà della maggior parte delle società, al punto da farla apparire in una situazione di difficoltà complessiva.

Riguardo all’utilizzo, da parte degli specialisti di marketing, del contenuti generati dagli utenti nelle discussioni on line (ad esempio nelle chat), esistono da almeno tre anni alcune best practice. Le risorse più attente a cogliere il valore informativo presente, non sempre in forma esplicita, sono infatti i pubblicisti, i ricercatori di mercato, i responsabili del branding, i manager di prodotto, gli analisti della competitive intelligence. Ciascuno può avere un particolare interesse nello studiare le conversazioni che hanno luogo nel web, ad esempio per registrare e capire le reazioni della gente ad alcuni messaggi pubblicitari, per comprendere se le persone gradiscano un determinato prodotto, ne siano cioè soddisfatte, o per determinare se le campagne promozionali abbiano raggiunto i target adeguati e coerenti alle analisi di segmentazione, oppure semplicemente per catturare possibili suggerimenti o addirittura nuove idee di prodotto.

In Italia, esiste un’azienda leader a livello internazionale nella lemmatizzazione e nell’analisi linguistica automatica di contenuti strutturati e non: la società Expert System è un vendor caratteristico nella Semantic Intelligence, un settore in forte espansione perché collegato con i progetti di knowledge management e, nel settore del marketing analitico, fondamentale per la competitive intelligence.

Infine, per manifestare il valore potenziale delle aziende che si focalizzano sullo sviluppo e sulla gestione della conoscenza, segnalo le società Volocom ed ItConsult. Mi scuso per non averne citate altre, lo farò prossimamente in relazione ad ulteriori approfondimenti sul rapporto tra le informazioni di marketing ed il knowledge management.

La Network Economy dipenderà sempre di più dalla conoscenza consapevole, cioè impegnerà sempre più le aziende a valorizzare il proprio patrimonio informativo.

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Saturday, June 09, 2007

Per IDC-EMC il web é destinato a crescere, grazie all'apporto dei contenuti degli utenti: cosa possono fare le imprese?

Spesso si legge che la rete internet é cambiata, é evoluta, ma non sempre sono esplicitate le ragioni del cambiamento o sono spiegati i risultati raggiunti dai differenti fattori abilitanti. Il fatto certo é che il mondo del web di oggi non é troppo simile a quello del 1997, anzi non si dovrebbe porli in comparazione.

Cosa colpisce della rete, oggi?

Cosa interessa alla gente comune, cosa di straordinario é accaduto da coinvolgere un pò tutti?

Io stesso sono un testimone di una parte del cambiamento, la partecipazione diretta delle persone che, rispetto alla prima fase del mondo del web, ora é attiva e si lascia sempre più prendere da un coinvolgimento emotivo ed appagante.

Nel 1997, circa, il web dialogava senza rispondere (one-way-web): i siti erano statici, pubblicavano del testo, inserivano delle immagini con la preoccupazione che queste non "pesassero" troppo a danno della connettività degli utenti, quindi con il rischio che un front end ricco di contenuti potesse degradare la propria fruibilità.

Nei giorni di oggi, il nuovo web si é arricchito della partecipazione della gente (two-way-web): si sono diffusi i wiki, i blog, lo sharing dei contenuti musicali e video, più di un utente digitale da consumatore é evoluto in un private broadcaster (manca un codice di condotta, non può bastare un'autoregolamentazione).

Con Second Life e con gli "avatar" si é aperto lo scenario del prossimo web: si dovrebbero affermare i contenuti tridimensionali, dovrebbe aumentare l'integrabilità dei feed generati e si potrebbero aggregare i flussi a seconda del proprio valore semantico.

Una recente survey condotta dalla società di ricerche IDC, insieme alla società Emc, preannuncia una difficoltà del web di domani, con qualche "preoccupazione" che inizia ad affacciarsi già da oggi: la crescita continua dei blog, insieme allo sviluppo sempre più consistente degli user generated content (acronimo UGC), creerà alcune difficoltà ai progetti di analisi semiautomatica o automatica dei dati pubblicati su internet.

Prevedere il monitoring delle fonti disponibili nell'internet pubblico sarà reso più impegnativo dal possibile aumento della massa dei contenuti digitali, che sembrano "destinati" ad aumentare di circa il 57% ogni anno.

Secondo IDC dal 2010 almeno il 95% del patrimonio informativo digitale sarà destrutturato, quindi dovrebbe aumentare la complessità dell'analisi su questo tipo di dati (alle "storiche" email, ed alle notizie pubblicate sui siti, il "nuovo" web ha permesso la crescita di articoli ed ovviamente dei blog). Senza prendere in esame i file immagine e video, che aumentano di molto la difficoltà di monitorare e categorizzare i contenuti.

Le aziende sono sempre più interessate alle comunità del web, ed alla costruzione di un dialogo costante: non possono bastare sicuramente i progetti di comunicazione come il corporate blogging, un'impresa che vuole promuovere il branding dei propri prodotti sul web dovrà essere pronta a controllare le reazioni dei blog, non più solo quelle dei media tradizionali.

Puntare sul corporate blogging non vuol dire "semplicemente" comunicare: vuol dire ascoltare, registrare, rispondere per tempo ad un pubblico aperto, e sempre più attento.

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Friday, June 08, 2007

Integrazione della presentazione Aurora sull'intelligence competitiva

Segnalo una presentazione della società Aurora che integra quella indicata in precedenza, esaminando in particolare i modelli di valutazione della concorrenza e di innovazione dei prodotti, a partire dai cambiamenti di senso (re-desing).

www.slideshare.net/arikjohnson/disruptive-innovation

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Web 2.0 en vogue. Ancora, ma per poco. PER FORTUNA

Come spesso succede, in Italia, i fenomeni speculativi superano di molto i dibattiti che potrebbero arricchire la comunità. Al punto di limitarli, quasi a farli prigionieri.

La logica di chi, sperando di trarre vantaggi economici da investimenti minimi, vuole impadronirsi di un mercato per cercare di assumere una posizione forte se non di leader, sembra proprio che abbia accompagnato fino ad oggi la dialettica sul Web 2.0, e ne stia suggerendo alcune scelte aziendali.

Nel mondo economico-finanziario gli investimenti sono un rischio, possibilmente sostenibile, a patto che sia definita la strategica linea guida, e che siano comunque chiari e raggiungibili gli obiettivi prefissati. Nel mondo odierno di internet, come già avvenuto alla fine degli anni '90, la storia sembra "amare" i fallimenti ed i gravi insuccessi che hanno segnato giusto ieri la fine della bubble economy. Nel recente passato, taluni progetti definiti in un modo spesso parziale e con lacunosi sistemi di controllo, hanno consentito ad alcuni imprenditori di speculare sulle nuove tecnologie e sulla loro futuristica applicazione.

Per quanto possa sembrare lontano il periodo della new economy, é accaduto in un periodo così vicino al contesto attuale, da dover essere considerato ancora come contiguo. Ma in Italia sembra che tutto possa essere intriso di ottimismo, anzi intervenire per suggerire atteggiamenti di prudenza o per "permettersi" di esprimere un'idea contraria sono atti che una buona parte di persone illuminate reputa come denigratorio.

La tecnologia informatica ha permesso, grazie al metalinguaggio XML ed alla semplificazione delle applicazioni web client, di creare nella rete dei collegamenti diretti tra utente ed utente, e di costituire dei gruppi di utenti che condividono propri interessi ed idee.

Il mondo di internet é evoluto nei contenuti, e grazie alla loro più rapida generazione e trasmissione, ha avvicinato a sè numerosi utenti desiderosi di poter avviare discussioni e motivati a dire la propria idea in dibattiti già iniziati. Questa nuova voglia di partecipazione é stata chiamata Web 2.0.

Ma non é la tecnologia da sola a dover essere celebrata, é la spontaneità della gente comune che ha permesso di far vincere il mondo di internet.

All'estero da quasi un anno sono promosse interessanti conferenze sul Web 3.0, da noi in Italia si considera ancora "rivoluzionario" organizzare convegni e workshop che hanno come focus il Web 2.0. Nel resto del mondo, talvolta neppure troppo lontano dal nostro Paese (Svizzera, Francia....) si ha piena consapevolezza che il trasferimento di conoscenza semantica ai contenuti sviluppati dagli utenti ricorrendo al tagging (etichette) ha facilitato la categorizzazione dei diversi contributi. Il peer to peer a livello di UGC (contenuti privati) e la rete di natura semantica che può definitivamente affermarsi, possono sancire la nascita ufficiale di una società civile della conoscenza, arricchita della creatività di molti di noi.

Di Web 2.0 si parla dal 2005, in Italia di Web 3.0 ancora non si parla: perchè?

Chi nel mondo interviene sul Web 3.0, vuole esprimere vantaggi per tutti, a partire dalla gente comune. In Italia chi é principalmente coinvolto nell'organizzazione di "momenti di incontro" dedicati al Web 2.0 desidera polarizzare l'attenzione delle imprese, proprio per attirare l'interesse di possibili committenti.

Internet evolve verso la realtà virtuale, ma in Italia un certo "pragmatismo" si assicura il miglior contatto con la realtà "concreta": il successo di business model. Purtroppo nel Paese la tendenza, quasi degenerativa, della speculazione sull'argomento Web 2.0, ha preso il sopravvento su tutto.

L'inversione di tendenza é, come sempre, un auspicio di pochi. I puri, i veri grandi sognatori.

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Wednesday, June 06, 2007

La collaborazione interna é la leva di innovazione delle imprese


Sul sito del Market Intelligence Strategy Centre é pubblicata una pagina che presenta un modello di riferimento della ricerca di marketing, esponendo quelli che sono i servizi generali garantiti dalla funzione. Si può capire che i servizi vanno ben oltre le analisi di mercato, in quanto il marketing non solo è chiamato a decifrare ma, soprattutto, ad intravedere. Questi aspetti strategici, di prospettiva, rendono la funzione importante per le aziende ed insieme alla funzione di ricerca e sviluppo possono sostenerne la competitività.

Quali sono i principali servizi della funzione marketing?

> analisi delle opportunità di business
> valutazione delle possibili aziende partner
> selezione dei partner in relazione ai programma strategici di business
> individuazione dei mercati emergenti
> analisi sull'attratività di un mercato
> valutazione della concorrenzialità per segmento
> competitive intelligence
> valutazione delle attività e dei processi aziendali
> strategia di ingresso nel mercato
> strategie di comunicazione

L'immagine presenta un valore, comunque, superiore alle funzioni attribuite al marketing: si tratta della capacità di comunicare la conoscenza, di permettere la condivisione del sapere, di accompagnare i processi di innovazione con lo spirito dell'advisor. Nel caso si riferisce ad una società che, dall'esterno, si candida ad eseguire le attività di ricerca.

Ma nelle imprese l'intero processo di marketing richiede la partecipazione di più attori, interni ed esterni. Questo aspetto aumenta l'impegno di ciascuno e richiede uno sforzo di governo, per il coordinamento delle differenti risorse e la diffusione della conoscenza.

Il marketing deve portare tutta l'azienda alla vittoria, e può raggiungere l'impegnativo obiettivo solo a patto che tutti ne riconoscano l'importanza e ne agevolino l'esercizio. L'innovazione nasce da un'idea, che può andare lontano e creare valore solo con il sostegno concreto di tutte le funzioni aziendali.

La catena del valore richiede interazione, integrazione, motivazioni comuni.

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A difesa del valore della cultura e della professionalità di marketing

Il marketing é deputato a "portare e guidare l'innovazione in azienda". La responsabilità della funzione di marketing é elevata, é decisiva per il corretto posizionamento competitivo e per la crescita dell'impresa, e fondamentale per la strategia di medio e lungo termine, per la definizione della "visione". Questa responsabilità di pianificazione ed orientamento spesso, in Italia, è insegnata a livello accademico oppure trova spazi adeguati e pertinenti nei corsi specialistici di formazione, mentre non viene trattata (nel modo giusto) nei differenti blog che, sul web, intendono argomentare di marketing. Anzi, nella blogosfera il marketing non solo viene "equivocato" di continuo, viene anche confusamente spiegato; spesso infatti viene limitato nel ruolo, spesso viene distorto il valore che può assumere in un'organizzazione aziendale, e non si approfondisce il valore che concorre a sviluppare.

Perchè questa confusione? Perchè si generalizza così su una delle funzioni aziendali più importanti, sulla funzione di innovazione per eccellenza? Probabilmente dipende da limiti culturali caratteristici, alla base della "banalizzazione" del marketing ci possono essere scarsi profili professionali ed eccessi di protagonismo da parte di persone desiderose di apparire e di costruire un blog impostato proprio per catturare l'attenzione.

L'aspetto più importante da tenere decisamente in considerazione, nell'ottica di proporre in un modo corretto gli argomenti di marketing, é di sicuro il valore del marketing nel sistema aziendale ed anche nel sistema culturale di riferimento. Confondere il marketing, in particolare trattare in modo parziale il "processo di innovazione di marketing", produce danni e favorisce lo sviluppo di una ulteriore confusione, alimentando così il "protagonismo" di quanti nella rete abusano della comunicazione web per distorcere i concetti di base e per millantare competenze e capacità. A danno purtroppo del significato del marketing e della propria partecipazione nella catena del valore, con un ruolo creativo e non solamente operativo.

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Tuesday, June 05, 2007

La comunicazione aziendale e la protezione del brand

L'affermazione del canale internet ha "stravolto" la comunicazione aziendale, inducendo le imprese a riorganizzare i propri uffici marketing e pubbliche relazioni. Allo stato attuale, un'azienda intenzionata a farsi conoscere ed a conoscere la propria clientela, non solo costruisce i migliori contenuti per il proprio sito, ma avvia i lavori per la definizione e la pubblicazione di un corporate blog. In questo modo si pone in comunicazione continua con il proprio mercato, e può avere significativi benefici da questa forma di relazione diretta.

Il web però ha anche cambiato la comunicazione di marketing, differenziando i contenuti da promuovere: la comunicazione può infatti avere connotazioni istituzionali, può fornire informazioni aziendali, può descrivere una gamma di prodotti e spiegare i servizi accessori, può informare riguardo ad eventi, partecipazioni a convegni, sponsorizzazione di manifestazioni, può annunciare programma di partnership.

Il sito dell'impresa consente di trasmettere a diversi interlocutori messaggi semplici e/o complessi, a seconda dell'obiettivo della comunicazione ed in funzione del pubblico destinatario. Una complessità dell'informazione digitale é accentuata dalla velocità con cui bisogna produrre e distribuire le notizie, la stessa rapidità con la quale i dati sono acquisiti ed elaborati dalle funzioni aziendali incaricate.

Un'impresa che comunica abitualmente in rete, ed é attenta ad informare i propri stakeholder interni ed esterni, si trova nella condizione di dover programmare la comunicazione, qualunque essa sia, e di doverla "certificare", specialmente se si tratta di un'azienda quotata in un mercato finanziario regolamentato. Questa esigenza é sempre più accentuata dalla "protezione" di valori non tangibili come il marchio e la reputazione: proprio la comunicazione prodotta e distribuita nella rete può andare incontro a situazioni di rischio necessariamente da prevedere, in modo da limitare al massimo possibili impatti a danno del brand e dell'immagine, asset immateriale che iniziano a "fare la differenza".

Le aziende devono fare attenzione alle informazioni che le riguardano, e quindi consultare di continuo i siti web dei consumatori, i blog, le newsgroup, i magazine elettronici, i forum tematici. Ma devono anche controllare, con molto rigore, quanto producono e diffondono, e cercare di capire (possibilmente) chi nella rete le osserva e può intervenire con commenti negativi, denigratori, ingiuriosi o calunniosi.

La complessità della comunicazione può richiedere un attento presidio, e proprio allo scopo di proteggere la reputazione ed i vari marchi commerciali, un'impresa può organizzare un progetto di riforma delle funzioni di comunicazione aziendale e pubbliche relazioni: puntando ad una unificazione delle responsabilità, quasi un accentramento dei compiti, l'azienda agevola la collaborazione interna e semplifica alcuni processi di produzione e validazione dei dati e delle notizie destinate ai pubblici esterni (mercati, revisori certificatori, azionisti, fornitori, partner commerciali, clienti).

La sovrabbondanza dei contenuti della rete non solo provoca uno "stordimento" a chi vuole sviluppare ricerche on-line: può esporre le aziende, con danni reputazionali dagli effetti non facilmente prevedibili e quantificabili. Il presidio della comunicazione può essere una riforma semplice da attuare, e particolarmente strategica.

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Sunday, June 03, 2007

Innovazioni nei processi di Competitive Intelligence: il contributo di Arik Johnson, Aurora WDC


Segnalo alcune interessanti presentazioni sul processo di intelligence competitiva.

Permettono di valutare l'importanza dei dati sulla concorrenza ed il loro uso per rivedere le organizzazioni strategiche e riprogrammare le attività di business.

Il materiale é sviluppato dalla società AURORA WDC e dalla comunità ReconG2.

http://www.aurorawdc.com
http://recong2.com

E' pubblicato su SlideShare da Arik Johnson: http://www.slideshare.net/arikjohnson
Johnson é CEO di AURORA. La sua scheda é consultabile alla pagina web http://www.aurorawdc.com/arik.htm

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Saturday, June 02, 2007

Evento > ICT per un nuovo Made in Italy


Segnalo un interessante evento sull'innovazione di processo e di prodotto nelle imprese, organizzato dalla società IDC. Può essere l'ideale prosieguo delle due conferenze tenutesi questa settimana a Milano sull'innovazione nelle PMI.

L'evento IDC ospiterà alcuni protagonisti del mondo delle imprese, della ricerca e della formazione, per consentire dibattiti e confronti sulle esperienze di successo italiane, ma anche per analizzare criticamente le ragioni di alcuni gravi ritardi che possono porre fuori dalla competizione numerose micro e piccole realtà produttive del Paese.

Per informazioni:
http://www.idc.com/italy

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Friday, June 01, 2007

L'Italia ed il bisogno di innovazione ICT


L'Italia ha un numero considerevole di piccole e medie imprese, e questa "frammentarietà" produttiva, nata anche per soddisfare le grandi imprese (poichè una buona parte delle PMI le vede come principali clienti), é una caratteristica del Paese da molti anni, e per quanto ci si possa augurare un processo di aggregazione, lo rimarrà per altri anni ancora.

Un limite é rappresentato dai loro mercati di sbocco: la moltitudine delle piccole e medie imprese "vende" al mercato italiano, quindi tende a soddisfare il solo mercato interno. Questo fatto porta a riflettere, ormai la società é entrata nel periodo della globalizzazione, e le imprese dovrebbero cercare di aumentare (possibilmente) i loro mercati, puntando allo sviluppo di relazioni di partnership e di business con aziende estere.

L'innovazione ICT può essere di sicuro un fattore abilitante, in alcune circostanze il fattore critico di successo: ma la modernizzazione tecnologica delle PMI, che può partire da una decisa informatizzazione di base, deve essere accompagnata dall'adozione di una visione di tipo internazionale, da nuovi modelli di business, da strategie di produzione e distribuzione dell'offerta, da campagne di marketing ed attività di branding.
Le PMI nazionali possono far meglio, se intendono confrontarsi con i mercati internazionali sono chiamate a migliorare i propri processi di produzione. Come ha scritto Alfonso Fuggetta, Amministratore Delegato CEFRIEL:

" Il Paese ha bisogno di innovare la propria vocazione industriale. Ha bisogno di sviluppare nuovi prodotti e nuovi servizi. L'ICT può giocare in questo processo un ruolo decisivo. Grazie all'ICT si può inserire intelligenza in tutti gli oggetti rendendoli 'intelligenti' ".

L'innovazione ICT può essere la leva ottimale per molte aziende, di qualsiasi dimensione, dalle "micro" alle medie (si presume che le grandi imprese abbiano raggiunto una discreta dotazione di tecnologie informatiche). Se lo stato di salute delle PMI é, nella media, buona, si può pensare che queste siano disposte ad investire nel loro rafforzamento. Una ricerca condotta dall'Associazione Italiana della Produzione (Aip) in collaborazione con il Censis, "Modelli di crescita delle PMI. Ritorno alla competitività tra questione dimensionale, innovazione e internazionalizzazione", ha cercato di individuare i modelli di crescita delle PMI. " Le imprese osservate rivolgono una particolare attenzione al mercato e ai clienti. Sono loro a imprimere la forza per il posizionamento competitivo ed è a loro che le aziende cercano di proporre una gamma sempre più ampia e completa di prodotti e servizi, un’offerta garantita da un marchio e realizzata grazie a tecnologie e know-how in grado di differenziarla ".

Le condizioni per migliorare ci sono, servono alle imprese nazionali una visione di medio termine, internazionale, ed uno spirito di innovazione, che possa incidere sul modo di "fare impresa" e sull'acquisizione di nuove competenze, i "famosi" skill professionali.

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