Web 2.0 en vogue. Ancora, ma per poco. PER FORTUNA
Come spesso succede, in Italia, i fenomeni speculativi superano di molto i dibattiti che potrebbero arricchire la comunità. Al punto di limitarli, quasi a farli prigionieri.
La logica di chi, sperando di trarre vantaggi economici da investimenti minimi, vuole impadronirsi di un mercato per cercare di assumere una posizione forte se non di leader, sembra proprio che abbia accompagnato fino ad oggi la dialettica sul Web 2.0, e ne stia suggerendo alcune scelte aziendali.
Nel mondo economico-finanziario gli investimenti sono un rischio, possibilmente sostenibile, a patto che sia definita la strategica linea guida, e che siano comunque chiari e raggiungibili gli obiettivi prefissati. Nel mondo odierno di internet, come già avvenuto alla fine degli anni '90, la storia sembra "amare" i fallimenti ed i gravi insuccessi che hanno segnato giusto ieri la fine della bubble economy. Nel recente passato, taluni progetti definiti in un modo spesso parziale e con lacunosi sistemi di controllo, hanno consentito ad alcuni imprenditori di speculare sulle nuove tecnologie e sulla loro futuristica applicazione.
Per quanto possa sembrare lontano il periodo della new economy, é accaduto in un periodo così vicino al contesto attuale, da dover essere considerato ancora come contiguo. Ma in Italia sembra che tutto possa essere intriso di ottimismo, anzi intervenire per suggerire atteggiamenti di prudenza o per "permettersi" di esprimere un'idea contraria sono atti che una buona parte di persone illuminate reputa come denigratorio.
La tecnologia informatica ha permesso, grazie al metalinguaggio XML ed alla semplificazione delle applicazioni web client, di creare nella rete dei collegamenti diretti tra utente ed utente, e di costituire dei gruppi di utenti che condividono propri interessi ed idee.
Il mondo di internet é evoluto nei contenuti, e grazie alla loro più rapida generazione e trasmissione, ha avvicinato a sè numerosi utenti desiderosi di poter avviare discussioni e motivati a dire la propria idea in dibattiti già iniziati. Questa nuova voglia di partecipazione é stata chiamata Web 2.0.
Ma non é la tecnologia da sola a dover essere celebrata, é la spontaneità della gente comune che ha permesso di far vincere il mondo di internet.
All'estero da quasi un anno sono promosse interessanti conferenze sul Web 3.0, da noi in Italia si considera ancora "rivoluzionario" organizzare convegni e workshop che hanno come focus il Web 2.0. Nel resto del mondo, talvolta neppure troppo lontano dal nostro Paese (Svizzera, Francia....) si ha piena consapevolezza che il trasferimento di conoscenza semantica ai contenuti sviluppati dagli utenti ricorrendo al tagging (etichette) ha facilitato la categorizzazione dei diversi contributi. Il peer to peer a livello di UGC (contenuti privati) e la rete di natura semantica che può definitivamente affermarsi, possono sancire la nascita ufficiale di una società civile della conoscenza, arricchita della creatività di molti di noi.
Di Web 2.0 si parla dal 2005, in Italia di Web 3.0 ancora non si parla: perchè?
Chi nel mondo interviene sul Web 3.0, vuole esprimere vantaggi per tutti, a partire dalla gente comune. In Italia chi é principalmente coinvolto nell'organizzazione di "momenti di incontro" dedicati al Web 2.0 desidera polarizzare l'attenzione delle imprese, proprio per attirare l'interesse di possibili committenti.
Internet evolve verso la realtà virtuale, ma in Italia un certo "pragmatismo" si assicura il miglior contatto con la realtà "concreta": il successo di business model. Purtroppo nel Paese la tendenza, quasi degenerativa, della speculazione sull'argomento Web 2.0, ha preso il sopravvento su tutto.
L'inversione di tendenza é, come sempre, un auspicio di pochi. I puri, i veri grandi sognatori.
Labels: Claudio Iacovelli, internet bubble, semantica, UGC, Web 2.0, Web 3.0, XML
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