Il turismo islamico può rilanciare l'ospitalità del Paese? Chi programmerà una strategia capace di attrarre questo nuovo segmento di clientela?
Il Paese per molti anni ha saputo, più o meno consapevolmente, lucrare sul turismo, o forse per essere più precisi, ha potuto guadagnare dalle bellezze naturali, storiche ed artistiche che lo distinguono, senza alcun dubbio, nel mondo.
L'Italia vanta, infatti, degli asset unici, a livello di patrimonio territoriale e culturale, e proprio questa ricchezza (non sempre salvaguardata, opportunamente) ha permesso al settore turistico di registrare per diversi anni un successo economico. Purtroppo, a mio avviso, il Paese non é stato in grado, omogeneamente, di sviluppare un modello integrato di sviluppo turistico, non riuscendo neppure a promuovere una chiara identità internazionale e ad affermare un brand, un marchio di qualità.
Il Paese sembra essere rimasto "feudale", un territorio "dei Comuni", in sostanza un insieme scompaginato di localismi che minano gravemente una qualsiasi iniziativa di gestione unica, o almeno di riferimento, del settore turistico. Si legge spesso, ed anche in questo blog, dell'industria del turismo, alludendo ad una sorta di innovazione delle imprese coinvolte, e desiderando una minima regia, una pianificazione idonea a governare quei coordinamenti di sicuro utili a promuovere una immagine più forte.
La mancanza di coesione, anzi una frammentarietà fin troppo evidente, alla base di un indebolimento praticamente endogeno, che porta lontano da quel miglioramento da tanto tempo auspicato, e fin troppo annunciato nelle campagne politiche.
L'Italia arretra nel settore turistico, e numerosi indicatori qualitativi e quantitativi ne segnalano il progressivo indebolimento: in assenza di un piano di medio-lungo periodo, si cerca localmente di ricorrere a progetti operativi, spesso assai limitati in quanto finalizzati ad un modesto short-time.
Leggendo il settimanale l'Espresso, il numero pubblicato il 9 ottobre 2008, ho trovato una notizia particolarmente interessante sul turismo islamico (articolo a cura della giornalista Barbara Schiavulli). L'Italia perde in tenuta competitiva, il suo turismo non riesce ad attrarre i visitatori dall'estero (nessuno si domanda le ragioni? forse, una "possibile" causa la debolezza nel comunicare il brand Italia e nel semplificare il sistema di offerta?), e negli ultimi anni sembra sempre più debole nel "trattenere" gli stessi turisti italiani. Su l'Espresso si annunciava il nuovo segmento del turismo islamico, e si spiegava le ragioni alla base di un fenomeno economico destinato a crescere nei prossimi anni.
Auguriamoci che i responsabili politici, nazionali e regionali, insieme ai manager della "pseudo" industria turistica, non si lascino scappare una ulteriore e consistente chance per rilanciare un settore aureo del Paese, abbandonato a sè stesso e, purtroppo, escluso dalla programmazione di lungo periodo, quindi scollegato a quelle iniziative di modernizzazione delle infrastrutture e dei servizi.
Labels: Barbara Schiavulli, competitività, crisi, italia, l'Espresso, programmazione, segmento, turismo, turismo islamico
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