Come andare oltre i "soliti" luoghi comuni sul marketing
Frequentemente la società confonde la propria trasformazione, non riuscendo sempre a comprendere il cambiamento generale che la riguarda, o facendo fatica a prevederne per tempo gli sviluppi naturali dettati da fattori sempre più importanti come il progresso tecnologico e la maggior disponibilità di informazioni e di conoscenza specialistica. Quanto avviene, giorno per giorno, spesso é trattato dai mass media in modo generico, senza quel necessario occhio critico: può succedere che alcuni organi di informazione divulghino notizie poco commentate, può accadere che taluni fatti siano amplificati e posti in evidenza senza che vi sia una ragione forte, comunque tale da giustificare il clamore che inevitabilmente spesso consegue.
Il marketing é una vittima della cattiva informazione, o di un'informazione distratta, non sempre attenta a valutare i diversi fatti ed a vederli nella loro precisa interrelazione. Spesso sono gli organi di informazione a demonizzare il marketing, attribuendogli responsabilità (negative), e spiegando all'opinione pubblica che certi comportamenti verso i consumatori o certe campagne pubblicitarie/commerciali sono ordite da "uomini cattivi", gli "specialisti di marketing".
Questa rappresentazione del professionista di marketing come di un esperto "stipendiato" dalle imprese quasi per far danno ai consumatori é ormai divenuto un pericoloso luogo comune che rischia di produrre una cattiva immagine di una scienza che all'estero é considerata per quello che é: al servizio delle imprese per poter comprendere le dinamiche dei mercati, per poter studiare le esigenze ed i comportamenti dei consumatori, per poter progettare e guidare l'innovazione e avvicinare ciascuna azienda al raggiungimento dei propri obiettivi strategici, come la crescita in nuove aree geografiche o lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi.
Il marketing deve aiutare gli imprenditori ad investire, deve aiutare le imprese a sviluppare strategie e contestualmente deve servire, alle stesse imprese, per avvicinarsi meglio alla propria clientela di riferimento: un marketer deve partire dalla propria clientela, cercando di dialogare meglio con ogni contatto, per poter isolare possibili errori di relazione o correggere certi prodotti.
Ma la collaborazione tra marketer e cliente può portare al miglioramento se parte da una fiducia che avvicina le parti, quasi legandole: già questa semplice considerazione dovrebbe far pensare al marketing come di una funzione aziendale deputata "alla custodia del cliente".
I luoghi comuni sono difficili da superare: anche oggi, nella lunga sequela di luoghi comuni, ho ascoltato al Tg1 l'ennesimo pensiero semplice sul marketing. Il giornalista Riccardo Chiaberge ha parlato di "turbo marketing" nel settore editoriale, spiegando in poche battute la particolarità di questo settore nel cercare di posizionare sempre più velocemente prodotti (libri) nel mercato, quasi confondendo i clienti. Non so se questa velocità nel raggiungere gli scaffali possa veramente disorientare i lettori, magari farei altre considerazioni sui processi di distribuzione dei prodotti dell'editoria, processi sempre più concentrati in poche realtà veramente presenti territorialmente in tutto (o quasi) il Paese. O parlerei del valore del libro oggi, che é diventato forse più un prodotto commerciale che un prodotto intellettuale.
Nel servizio al Tg1 si parlava però del turbo marketing nell'editoria, si parlava di come aiutare i consumatori nello scegliere i libri, quasi che tutti i consumatori siano cittadini sprovveduti, incapaci di poter scegliere cosa comprare, cosa leggere.
L'editoria produce numerosi libri, non sempre destinati al successo? da cosa dipende questa sovraproduzione che non sempre é accompagnata da successo? Al Tg1 la responsabilità ha un nome: il turbo marketing.
Peccato che il turbomarketing non sia una tecnica di posizionamento, quanto un aspetto proprio del marketing strategico, quindi una fase di processo che deve aiutare - esclusivamente - le imprese nel prendere le migliori decisioni. Peccato che i luoghi comuni sul marketing siano una conseguenza dello straparlare, peccato che i giornalisti contribuiscano a confondere l'idea ed il valore del marketing.
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